martedì 30 giugno 2009
Come una vecchia canzone diceva.
Noi esseri umani non siamo mai contenti, mai soddisfatti di ciò che abbiamo, tutto ci è dovuto e diamo tutto per scontato. Ma ci siamo soffermati mai a riflettere su tutte le ricchezze che ci circondano? Perfetta per una riflessione è una vecchia canzone di D. Modugno, che così recitava:
Ma guarda intorno a te, che dono t'hanno fatto, hanno inventato il mare,
la luce del mattino, l'abbraccio di un amico, il viso di un bambino.
Meraviglioso, non vedi quanto il mondo sia, meraviglioso.
Tu dici non è niente, ti sembra niente il sole, la vita, l'amore.
Queste parole sono più chiare di un qualsiasi altro pensiero e si commentano da sole.
Chi trova un amico ecc.......
lunedì 29 giugno 2009
Soltanto un sogno.
Qualche notte fa, ho sognato mia sorella, era bella come sempre con quei riccioli castani che le incorniciavano il suo bel viso, mi sorrideva e mi diceva di toccarla, io però non volevo e continuavo a dirle: ma senti Maria Vittoria come faccio a toccarti, non sei viva e lei continuava a ripetermi, ti sbagli toccami e vedrai. Mi svegliai di colpo, la sua immagine era sparita, non riuscii più a prendere sonno, il pensiero di lei cominciò a tormentarmi, dopo 11 anni, ancora non riesco a mettere a fuoco che non c'è più. Pensando a lei, piano piano senza rendermi conto, andai ad un passato molto lontano, i miei ricordi riaffiorarono alla mente limpidi come se fossero successi ieri. Rammento che una volta in Sicilia, tornando da scuola (ero all'elementari), trovai la casa piena di vicine tutte in fermento, cos'era successo mai? Entrai in camera da letto e vidi M. Vittoria stesa sul letto con tutti quei meravigliosi ricciolini sparsi sul cuscino, pensavo stesse male o fosse caduta, invece quando mi vide, cominciò a ridere e strascicando le parole cominciò a chiamarmi, era completamente ubriaca e non si reggeva in piedi. In un momento di distrazione della mamma, era salita sulla sedia, aveva preso il fiasco del vino e aveva bevuto a canna. Quando fu chiamato il medico rimase sbalordito, che con tutto quel vino ad una bimba così piccola, non fosse successo niente, aveva soltanto quattro anni. Dolce sorella cara, quanto sento la sua mancanza!
Una vita così.
Gaetano Cisco, in arte Tano Cimarosa, nasce a Messina da una famiglia di pupari e teatranti il 1° gannaio del 1922. E' stato uno dei più grandi caratteristi del cinema italiano. Trasferitosi a Roma nel lontano 1950, inizia la carriera come attore, grazie ad Alberto Sordi, Ciccio Ingrassia, Franco Franchi, Nino Manfredi suoi amici. Passava da film comici a film drammatici con naturalezza. La sua più grande interpretazione è stata ZECCHINETTA nel Giorno della civetta con C. Cardinale e F. Nero. Ha lavorato con la Muti, Nanni Loy, S.Loren, G. Gemma, G. Depardieu, Con registi come D.Damiani, G. Tornatore, F. Risi. I film a cui ha partecipato sono innumerevoli e l'ultimo suo lavoro prima della malattia era nel serial della rai Don Matteo. Nella sua vita ha fatto tante cose, oltre e recitare, dipingeva, scolpiva, scriveva. Sapeva fare di tutto con molta bravura, però una cosa non ha saputo fare, il padre. Si perchè Tano Cimarosa era mio padre!
domenica 28 giugno 2009
Ora che lo conosco, lo evito!
Basta guardarmi per capire che sono veramente una buona forchetta e non disdegno niente, bhe! mi correggo: quasi niente. Ho la fobia per il pollo e i suoi derivati. Devo però fare un passo indietro ai tempi del collegio a Como. Il giorno stabilito "giovedì a pranzo, POLLO" io non ero tanto simpatizzante di questo alimento, le prime volte lo davo alla mia sorellina Maria Vittoria, che si trovava nei tavoli davanti a me fra le piccole delle elementari, poi un giorno sedendomi a tavola, mi resi conto che la mia sorellina non era più davanti a me, ma l'avevano spostata da un'altra parte, però quando arrivò il (mio amato pollo), non mi persi d'animo. Avevo in tasca la carta gommata e con maestria lo incollai sotto il tavolo, ero soddisfatta! Mi sentivo salva, non feci però i conti con l'unto che vanificando la colla dello scotch, fece stramazzare a terra il cosciotto. La suora che mi osservava da lontano, seguì la scena e raccolto il pollo me lo mise nel piatto con tanto di adesivo al seguito, intimandomi di mangiare, non si allontanò, ma si piazzò davanti dondolandosi con le mani sui fianchi come un maresciallo. Signorina: mi disse, se non finisci tutto non ti alzi. Ero disperata, cominciai a masticare quel puzzolente pollo che però, mastica, mastica, non ne voleva sapere di andar giù, lo sentivo peggio di una purga. Quando ebbi finito, mi sentivo morire e avevo voglia di dar di stomaco, però era passata. Il giovedì dopo al suono della campanella già stavo male, quando mi arrivò davanti il piatto, incrociai lo sguardo della suora che già mi osservava, io con non curanza facevo finta di mangiare, e pian piano feci sparire il maledetto nella tasca del grembiule. Inutile spiegare come l'unto mi aveva ridotto il vestiario, ma questo era l'ultimo dei miei problemi, all'uscita dal refettorio, corsi in bagno svuotai la tasca e tirai lo sciacquone. Con mia disperazione quando l'acqua finì di scendere. vidi il pollo che galleggiava nella tazza, sembrava quasi mi prendesse in giro e non ne voleva sapere di andarsene. Tirai nuovamente lo sciacquone, niente! Per paura che lo vedesse la suora obbligandomi poi a mangiarlo, mi feci coraggio, misi le mani nel water raccolsi il nemico e me lo rimisi in tasca. Mentre le mie compagne erano in cortile a giocare sgattaiolai su per le scale fino al solaio dove mi liberai del pezzo di carne, lo misi ben nascosto nel cassetto di un vecchio mobile. Questa purtroppo, era storia di ogni giovedì e per me era diventata una maledizione, ripromisi a me stessa che una volta fuori dal collegio il pollo lo avrei cancellato dal mio vocabolario. Mi sembra ancora di sentire la suora che diceva: vergognati! Pensa quanti bambini vorrerbbero quello che tu rifiuti, in verità nella mia logica di bimba avrei voluto risponderle che il pollo a quei bambini l'avrei ceduto volentieri. Chi mi conosce sà di questa mia avversione che mi fa star male solo al pensiero! E non riesco a entrare nemmeno in una polleria, figuriamoci se per colmo mi fossi innamorata di un pollivendolo.................................
martedì 23 giugno 2009
Amore per il diverso
domenica 21 giugno 2009
L'Angelo
Disse il Signore all'angelo, corri da quel bambino e restagli vicino.
Non lo lasciar giàmmai.
Signor, cosa gli dico se mi chiede chi sono?
Digli:
sono un dono di Dio, sono un'amico!
E' se piange che faccio?
Fa come il pastorello, quel bambino è un'agnello e tu lo prendi in braccio........
Tratta dal mio libro di poesie dell'elementari (florilegio).
venerdì 12 giugno 2009
Una parte della mia famiglia.
martedì 9 giugno 2009
Quando al cinema si pagava 50 lire.
Guardo dal terrazzo del mio salotto i ragazzini che giocano chiassosi nell'oratorio di fronte, al di là della strada. Il buon vecchio oratorio! Anch'io da bambina lo frequentavo, L'Istituto San Giovanni Bosco di Messina ed è li che ho fatto anche la prima comunione. Alcune domeniche dell'anno era chiuso, allora con i miei soliti compagni di gioco si andava al cinema, ricordo ancora che si chiamava (Don Orione). I nostri genitori ci mandavano allo spettacolo del pomeriggio, si fidavano, anche perchè l'addetto alla biglietteria era un conoscente, quindi ci dava un occhio. A quei tempi, non essendoci ancora la televisione nelle case, prima del film vero e proprio, ci dovevamo sorbire il notiziario e lo sport, compresi tutti i risultati delle partite, molto noioso per noi femminucce ma interessante per i maschietti. Al giorno d'oggi è di rigore per vedere un film nelle multisale, munirsi di grandi quantità di popcorn, una volta invece, sgranocchiavamo i dolciumi che vendeva davanti al cinematografo un piccolo ometto con un carrettino pieno zeppo di caramelle di tutti i tipi, costavano una lira l'una, mentre il biglietto d'entrata si pagava soltanto 50 lire. Il nostro conoscente ci faceva accomodare tutti il fila in quelle seggiole di legno che quando ti alzavi si chiudevano automaticamente e diceva sempre: se c'è qualche cosa che non va ditemelo io sono in biglietteria. purtoppo non sempre le cose filavano lisce, capitava spesso che qualche sporcaccione si sedesse vicino e vedendomi piccola ne approfittava e cominciava al buio a mettermi le mani schifose e sudaticce sotto la gonna. La prima volta successe alla mia amica Anna che rimase ammutolita e impacciata, la seconda è capitata a me, uscii dalla fila e corsi dal nostro amico begliettaio per raccontargli l'accaduto, mi disse di tornare al posto ed io ubbidii. Il maiale, pensando fossi di ritorno dalla toilette, continuò imperterrito a darmi fastidio, all'improvviso nel buio totale della sala echeggiò il rumore di uno schiaffone, era il nostro amico che preso poi il porco dalla giacca, lo buttò fuori a calci. Tutto a posto! ora potevamo goderci lo spettacolo in santa pace! Peccato però, che con il passare del tempo sono cambiate le mode, gli usi e i costumi, ma i maiali a due zampe, sono rimasti sempre maiali.
domenica 7 giugno 2009
Siamo tutti uguali.
Distrazione fatale.
Anche se siamo quasi in estate, fa freddo ed io osservando fuori dalla finestra, la pioggia che scende copiosa, il mio pensiero va indietro anni luce nel mondo dei miei ricordi, ad altri freddi quelli della lontana Sicilia. Mi riaffiorano alla mente usanze di un mondo ormai scomparso, come ad esempio l'uso del vecchio (braciere) usato per scaldarsi nelle fredde sere d'inverno. Era una spece di conca in metallo, tante volte anche un vecchio catino dove veniva messa la brace, i più eleganti erano anche in rame, venivano poi inseriti in un supporto di legno con larghi bordi dove si potevano appoggiare comodamente i piedi per scaldarsi meglio. Nelle sere d'inverno fra vicini di casa, ci si riuniva appunto attorno al braciere e i grandi raccontavano storie di fantasmi, di spiriti, di orchi e di folletti. A noi bimbi ci propinavano "per vere" leggende che facevano paura. Una sera la mia vicina, (la signora Chicchina) con un fare teatrale cominciò il suo racconto. In una notte d'inverno, dopo aver parlato di fantasmi per tutta la serata, un gruppo di giovani studenti lanciò una scommessa: chi riusciva ad entrare al cimitero, piantare un chiodo su una tomba e poi tranquillamente uscire, Il più spavaldo di loro accettò la sfida, si avvolse nel suo mantello, (tipico dell'epoca) e armato di chiodo e di martello, s'introdusse nel camposanto. Andò quindi verso una tomba, piantò il suo chiodo ben saldo e si girò per tornare indietro, ma improvvisamente si sentì tirare. Gli amici che attendevano fuori, dopo parecchie ore non vedendolo arrivare, chiamarono il custode e armati di lampada andarono alla ricerca dell'amico, lo trovarono riverso sulla tomba, nella fretta di piantare il chiodo si era inchiodato la punta del mantello e sentendosi tirare, preso dal terrore (per di più dopo una serata passata a parlare di fantasmi) morì d'infarto....Alla fine del macabro racconto, noi bambini avevamo gli occhi spalancati dalla paura e andammo a letto incollati alla gonna della mamma. Chissà perchè una volta prima di andare a letto, non raccontavano mai niente di allegro. Ma! mistero antico!
venerdì 5 giugno 2009
Tra sogno e realtà.
Mentre sono sulla mia poltrona preferita, il pensiero va subito all'aereo francese precipitato. cosa sia successo non si sa, comunque scoppiato, guasto meccanico o attentato, il fatto angosciante è che 228 persone si sono disintegrate nel nulla, 228 esseri umani sono spariti senza un perchè. Per quanto mi sforzi, non riesco a pensare ai loro ultimi attimi di vita, cosa avranno provato in quei momenti terribili, non oso immaginare i loro volti atterriti, come topi chiusi in una gabbia, senza via di scampo, senza un benchè minimo spiraglio di salvezza. Però quello che mi ha lasciata senza parole di più è un fatto che mi è successo la notte prima. Ero andata da poco a letto, i miei nipotini dormivano già da ore, forse la stanchezza mi ha fatto passare dalla veglia al sonno senza rendermi conto, pensavo di essere ancora sveglia, quando sentii un boato terrificante, alzai di scatto la testa dal cuscino e dissi a quella che credevo mia figlia: Katia svegliati è successo qualche cosa di terribile, lei si svegliò ma non era mia figlia, ma mia sorella (che non c'è più), la quale mi disse: "dormi che non è successo niente" per niente tranquilla mi alzai, mi avvicinai alla porta finestra del salotto e accostando il tendone mi resi conto che dietro la chiesa di fronte al mio terrazzo era da poco caduto un enorme aereo, le fiamme e il fumo si alzavano alte nel cielo, sentivo le urla disumane dei feriti e il suono terribile delle sirene. Corsi in camera, chiamando a gran voce ancora mia figlia e dal terrore per ciò che avevo visto, non feci caso che al suo posto c'era ancora mia sorella che mi disse nuovamente: "dormi non è successo niente" Mi svegliai in un lago di sudore, la testa mi faceva male. La mattina stavo raccontando quel sogno strano alla mia mamma e quando mio marito accese la tele, ecco la notizia del disastro dell'aereo francese. Certo voglio pensare che non c'è nessuna attinenza con il mio sogno-incubo, ma io sono rimasta scovolta lo stesso.
Scarpette da bambola.
Ricordo quando ero bimba, che la mamma per la festa del 15 agosto,(che è anche il mio compleanno), aveva l'abitudine di comprare a noi tre figli dei vestitini nuovi, comprese le scarpette. In una di questa ricorrenza, come al solito ci portò in un calzaturificio appunto per le scarpe, io ne avevo adocchiate in vetrina un paio di vernice nera veramente graziose. Chiesi subito alla mia mamma di comprarmele, lei mi voleva accontentare ma non c'era il numero, quindi ripiegò su un paio marroni che non mi piacevano affatto, avevano anche i lacci, io non le volevo, ma lei le comprò lo stesso. Arrivati a casa mi sedetti all'ombra di un albero di albicocche proprio accanto alla mia casa, tolsi dalla scatola le mie scarpette nuove fiammanti e armata di forbici, tagliai la tomaia tutt'intorno lasciando solo il davanti come fossero ciabatte. Finito il lavoro le indossai tutta soddisfatta e rientrai in casa, Inutile raccontare il resto, ricordo soltanto che ne presi talmente tante che per un pò non riusii nemmeno a sedermi e se ci penso, mi fa ancora male.
martedì 2 giugno 2009
La sottile linea, fra amicizia e amore.
Sull'amicizia si sono sprecati fiumi, anzi oceani di parole, Il dizionario così recita: legame affettuoso fra due o più persone. L'amicizia è la divisione, di piccoli e grandi segreti, poter contare l'uno sull'altro, essere talmente complici da capirsi con un solo sguardo. Penso che ogniuno di noi, ha il suo modo di concepire l'amicizia, e quella con l'A maiuscola, capita raramente. A me è accaduto pochissime volte, talmente poche che si possono contare sulle dita di una mano sola. Quand'ero giovanissima, avevo stretto amicizia con un ragazzo e man mano che imparavo a conoscerlo, mi rendevo conto di quanto fossimo in perfetta sintonia. In montagna, a ballare o solo per recarsi al lavoro, passava sempre a prendermi con la sua 500, mi ha dato persino le prime lezioni di guida. Era affettuoso e gentile ed io lo adoravo. Passavamo ore ed ore a confidarci i nostri piccoli problemi, era un pochino più vecchio di me, ma un grande amico perfetto, eravamo come le due metà di una sola mela. Poi un giorno mi confidò di essersi innamorato, io ne fui molto felice per lui, perchè gli volevo bene come un fratello maggiore, però quello che mi disse dopo mi lasciò senza parole. Era vero che si era innamorato, ma di me, che ero la sua amica del cuore! Non sapevo cosa dire, ho provato a pensare a lui come un probabile amore, ma non provavo per lui ciò che lui provava per me, continuavo purtroppo a vederlo come un fratello maggiore. Cercai di fargli capire che il mio era un'immenso affetto, ma non era amore, ma lui non capì e mi disse che a questo punto gli era difficile continuare a frequentarmi, perchè i suoi sentimenti nei miei confronti erano cambiati e starmi vicino come un amico non era più possibile, perchè dopo il mio rifiuto, si sentiva a disagio. Quella fu la fine della mia bella amicizia. Inutile raccontare la mia sofferenza, per fortuna che il tempo guarisce tutte le ferite. L'ho incontrato molti anni dopo, si era sposato, Poi la vita continua ed io mi sono trasferita altrove e non l'ho rivisto mai più. Ogni tanto lo ricordo con tanta tenerezza. Mi sono mancati per molto tempo i suoi modi gentili, le sue carezze affettuose e anche i suoi rimproveri. Il cuore è un muscolo scollegato dal cervello, agisce per conto suo, quindi non lo si può comandare.Peccato sia finita così!
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